sabato 16 luglio 2011

Amici. (racconto.)

Ecco un'altro mio raccontino senza troppe pretese, che ho scritto qualche anno orsono, come l'ultimio mio scritto postato su questi lidi, anche "Amici" è ambientato nel mondo Warhammer, gioco da tavolo di battaglie fantasy con miniature, che, detto per inciso, ha un'ottimo beckground narrativo.
vabbuò, comunque, buona lettura.


AMICI:


Rugge il leone nell’aria bruna,
Ulula il lupo, verso la luna.

La sera incombeva sulla città di Luccini come un cappa di tristezza, sul ponte di Lucano l’umidità si posava sul selciato contribuendo a dare al luogo un’atmosfera grigia.
All’estremità del ponte una ragazza stava appoggiata alla sponda fissando lo sguardo arrossato dal pianto sulle acque del fiume che poco più avanti sfociava nel mare.
“Così prenderai freddo, ragazza mia.”
Disse una voce alle sue spalle.
Trasalendo dallo spavento la ragazza si girò e vide una figura avvolta strettamente in un lungo mantello nero, il viso nascosto da un lungo cappuccio dello stesso colore.
Un sacerdote di Morr, pensò.
“Mi scusi padre, non l’avevo vista arrivare.”
Disse la giovane, rivolgendosi alla figura di fronte a lei.
“Non ti preoccupare, figliola, sono abitato a fare questo effetto alle persone. Ma vedo che hai pianto, dimmi quali problemi hanno fatto piangere quei bei occhi?”
“E’ una storia triste, padre e non vorrei angustiarla con i miei problemi.”
Un sorriso amaro fece capolino dalle pieghe del cappuccio, della nera figura.
“Ascoltare storie tristi fa parte della mia vocazione, Hanna.”
“Certo è ovvio, sono una sciocca…. Ma mi conoscete?”
“Quel colore di capelli non è molto comune in Tilea,” disse l’uomo indicando i lunghi capelli di un rosso acceso della giovane. “Che io sappia, solo la figlia del leone ha di questi capelli a Luccini.”
Un sorriso amaro spuntò sulle labbra della ragazza.
“Avete ragione padre, mi chiamo Hanna e sono proprio la figlia del leone.”
“In questo caso, temo di indovinare il motivo della vostra angoscia.
Si tratta di vostro padre.”
Le lacrime ripresero a scorrere copiose sulle guance di Hanna.
“Coraggio ragazza mia, per quanto sia doloroso, tutti prima o dopo dobbiamo presentarci al cospetto di Morr.”
A quelle parole la ragazza, rimase come pietrificata per qualche secondo, poi improvvisamente scoppio in una risata isterica.
“Voi credete che pianga per la morte di mio padre?” Disse tornando seria “Mio padre non è ancora morto, e vedete, è proprio questo il problema.”
L’uomo di fronte a lei rimase in silenzio, se era rimasto sorpreso o scandalizzato dalla risposta della ragazza non lo dava a vedere.
“Non mi fraintenda la prego, voglio molto bene a mio padre, ma vede… come faccio a spiegarle… ecco, forse lei è a conoscenza del fatto che mio padre non è nativo della Tilea.”
L’uomo fece un cenno del capo, come a indicare che era perfettamente a conoscenza del fatto.
“Sì, mio padre non è nato qui in Tilea ma su al nord, a Norsca.
E vede, buon padre, le usanze dei Norsmanni sono diverse dalle nostre per molti aspetti, uno di questi riguarda il modo di affrontare la morte.
Per un norsmanno la morte non è un evento così tragico come invece può esserlo per le genti del sud.
Tra le tribù del nord, la morte è vista come una cosa naturale, e pur essendo vissuta come un momento doloroso, è anche vista come il passaggio verso il Valhalla, il paradiso in cui credono i Nors,” spiegò la ragazza. “dove un guerriero dimorerà in eterno in compagnia dei propri dei, guerreggiando e festeggiando in eterno accanto a loro.
Per un uomo del nord, ha più importanza come si affronta la morte che la morte stessa. Per i nors il momento del funerale è un modo di ricordare la vita dello scomparso, onorandone le imprese compiute in vita e ricordandone le gesta di coraggio e onore, così che, quando si presenterà al cospetto degli dei, il defunto li posa guardare dritto negli occhi, reclamando il proprio posto accanto a loro.”
La ragazza fece una pausa per guardare l’uomo ammanto di nero di fronte a lei, che restava in silenzio aspettando, perfettamente immobile, quasi che il racconto lo avesse pietrificato.
“Per questo motivo il momento del funerale riveste un’importanza assoluta della cultura nors,”
riprese a raccontare Hanna lo sguardo perso, lontano nell’immensità del mare di fronte a lei.
“difatti si crede che senza questo rituale che proclami le imprese di un guerriero di fronte agli dei, un uomo non potrà guardarli negli occhi senza vergognarsi e gli dei lo scacceranno dal Valhalla ridendo di lui.”
Hanna fece un’altra lunga pausa, lo sguardo fisso davanti a se, come persa nei propri pensieri.
All’improvviso un corvo passo gracchiando,volteggiava in circolo sopra di loro. Il rumore scosse la ragazza, fissava il corvo che volteggiava in ampi cerchi sbattendo di tanto in tanto le ali.
“Un messaggero di Morr:” Disse all’improvviso l’uomo vestito di nero. “Salute a te piccolo fratello.” Continuò facendo uno strano gesto, simile ad un saluto all’indirizzo del corvo, che gracchio di nuovo, e alla ragazza parve quasi che esso rispondesse al saluto.
Hanna rimase ancora qualche attimo ad osservare il volatile, poi si accorse che l’uomo era tornato a fissarla, aspettava pazientemente che lei riprendesse a parlare.
“Per un Nors, reverendo padre, il rito di passaggio dalla vita alla morte è fondamentale, senza di esso,si crede che lo spirito del defunto verrà scacciato dagli dei,. Durante il rituale funebre gli amici, i compagni, ed i parenti del defunto, lo onorano recitando le litanie del passaggio, dopodiché depongono il corpo in una nave mettendo offerte ai suoi piedi, poi la nave viene incendiata e spinta al largo con le vele spiegate, mentre gli astanti bevono vino innalzando lodi al defunto.
“Ed è proprio qui il problema, reverendo padre.” Continuò la giovane ragazza, lo sguardo perso nel vuoto.
“Questo rito, non verrà celebrato per mio padre. E il suo spirito sarà condannato a vagare per l’eternità.”
Concluse Hanna mentre gli occhi gli si inumidivano di amare lacrime.
All’improvviso l’uomo le si avvicino e con una mano gli asciugò una lacrima, la ragazza trasalì a quel contatto, la mano dell’uomo era molto fredda.
“Tuo padre, Hanna, é un uomo molto potente ed influente qui a Luccini.” Disse. “Per anni, lui e la sua ciurma hanno suscitato paura e rispetto nei nemici di Luccini. La barca di tuo padre; La figlia di nessuno, è temuta sia dai corsari arabi come dai pirati di Sartosa e anche qui in città tuo padre è molto potente, innumerevoli, sono i nemici schiacciati sotto il tallone di tuo padre, fuori e dentro le mura di Luccini.
Molti sono quelli che gli devono favori o che sono indebitati con lui, Per che, quindi dici che non si potrà tenere la cerimonia funebre? Forse che tuo padre non ha abbastanza amici o servitori?”
Concluse l’uomo.
“Servitori e amici, “ Il viso di Hanna si accese d’una rabbia subitanea.
Forse che, un leone può vantare degli amici?
Corvi e sciacalli! Questo solo.
Finchè il leone rugge potente, con servile cipiglio si disputano i resti della preda, ma quando il leone giace morente, d’un subito si gettano su di lui per contendersi il corpo ancor caldo.
No padre; Ne amici, ne servitori. “
Hanna rimase qualche momento a fissare l’uomo, il cui nero cappuccio nascondeva la parte superiore del viso, solo un triste sorriso, appena accennato veniva messo in evidenza dai pallidi raggi lunari, parve allora alla ragazza, che quel sorriso gli rammentasse qualcosa di molto lontano nel tempo; un sorriso triste, incorniciato dalla bianca luce della luna, un sorriso, lo scintillio dell’argento e il vago sussurrare di una obliata musica.
Il sorriso sparì improvvisamente. La luna era stata coperta da una nube, e tutto piombò nell’oscurità,
Hanna si ritrovò a fissare la buia notte, consapevole della presenza dell’uomo di fronte a lei, seppur questo fosse adesso invisibile ai suoi occhi.

Nero come la notte, gelido come la luna.

La ragazza sorprese le proprie mani a giocare nervosamente con il ciondolo che portava in seno.
Scotendosi, riprese a parlare, non avrebbe saputo dire, se a se stessa o al suo interlocutore.
“Ne amici, ne servitori.” Ripete con rabbia. “Chi prima mendicava i favori di mio padre con sorrisi servili, ora è intento a disputarsi le sue ricchezze, il sangue degli sciacalli e già stato versato in strada, in una lotta per disputarsi fino all’ultimo brano di carne.
Questi sono gli amici e i servitori di mio padre.”
Un sorriso di rabbioso scherno distorse le belle labbra in una smorfia crudele.
“E i nemici…..” La frase rimase a mezzo, mentre il sorriso si tramutava in un espressione d’odio.
“I cani che prima tremavano al solo nominarne il nome, questa notte stessa si preparano a trar una vigliacca vendetta.
“Ecco per quale motivo mi trovo qui e non al capezzale di mio padre morente. Esso stesso, mi ha allontanato per salvare la vita e l’onore della propria figlia.

Nessun commento:

Posta un commento